L’articolazione dell’anca è formata dalla testa del femore che viene accolta nell’acetabolo; le due superfici ossee che si affrontano sono ricoperte di cartilagine la quale, in condizioni fisiologiche e correttamente lubrificata dal liquido sinoviale, permette uno scorrimento atraumatico dandoci la possibilità di compiere molti movimenti.
Le parti molli svolgono un ruolo fondamentale nella biomeccanica di questa articolazione: un insieme di legamenti che vanno a costituire la capsula articolare, un labbro periacetabolare che da maggiore contenzione e stabilità e gruppi muscolari per la mobilità e corretta funzionalità.
Nell’anca danneggiata, il “cuscinetto” formato dalla cartilagine si presenta consumato e le ossa sfregano l’una contro l’altra, diventando ruvide. A questo punto le attività quotidiane come camminare o compiere piccoli movimenti diventano difficili, perchè fonte di dolore.
L’anca rigida e dolente è spesso sintomo di artrosi, una degenerazione delle cartilagini articolari che, una volta consumate, non possono essere ricostruite rendendo necessario il ricorso alla protesi. Nelle fasi iniziali, il consumo cartilagineo può essere rallentato con la medicina rigenerativa e il ricorso a particolari tecniche.
L’artrosi d’anca (coxartrosi) è una patologia degenerativa a carico dell’articolazione coxo-femorale caratterizzata principalmente da usura della cartilagine; si avrà quindi una progressiva esposizione dell’osso subcondrale con successivo attrito ed indurimento (sclerosi) di quest’ultimo.
Da qui una reazione a catena che coinvolge l’intero sistema articolare: sinovite, creazione di osteofiti, ipertrofia capsulare, geodi, retrazioni miotendinee.
Comunemente si classifica in artrosi primaria o secondaria: la prima non trova cause certe ma solo fattori predisponenti: l’età, il sesso (femmine > maschi in età post-menopausale), l’obesità, alterazioni metaboliche quali il diabete o la gotta. La seconda ha diverse cause: congenite (displasia-lussazione del neonato), della crescita (epifisiolisi, osteocondrosi), post-traumatiche (fratture e/o lussazioni), metaboliche (condrocalcinosi, Morbo di Perthes, malattia di Paget), artropatie infiammatorie croniche (artrite reumatoide o psoriasica), vascolari (necrosi della testa femorale), iatrogene (post terapia cortisonica) o meccaniche (impingement femoro acetabolare, vizi posturali e degli assi di carico).
L’artrosi primaria non trova cause certe ma solo fattori predisponenti: l’età, il sesso (femmine > maschi in età post-menopausale), l’obesità, alterazioni metaboliche quali il diabete o la gotta possono portare a questo tipo di artrosi.
L’artrosi secondaria è stata studiata a partire dagli anni ‘90 (anche se qualche nostro illuminato predecessore ne aveva parlato molti decenni prima) dandoci molte risposte e possibili terapie sul trattamento dell’artrosi dell’anca.
L’impingement femoro-acetabolare (FAI) è un conflitto tra il sistema testa-collo del femore e una parte dell’acetabolo in alcune posizioni a causa di una condizione anatomica predisponente. Si possono attualmente distinguere 2 diversi tipi di FAI che possono anche coesistere nello stesso paziente: tipo CAM e tipo PINCER.
Il primo si verifica per la forzatura di un’estensione, non sferica, della testa femorale dentro la cavità acetabolare; il secondo si caratterizza per l’impatto tra la giunzione testa-collo del femore ed il bordo acetabolare per retroversione o eccessiva profondità di quest’ultimo.
La sintomatologia è caratterizzata da dolore, limitazione della mobilità, zoppia ed impotenza funzionale; non sempre l’assenza di alcuni di questi sintomi esclude una grave coxartrosi. Sebbene la tipica localizzazione del dolore dell’anca sia di partenza dal “fianco” e inguine con irradiazione sulla coscia anteriormente fino al ginocchio il paziente potrebbe lamentare solamente gonalgia o lombalgia.
La diagnosi oltre che con l’anamnesi e clinicamente si attua anche con l’imaging. Le rx sono molto utili e vengono considerate il principale esame diagnostico. Anche la TC viene utilizzata, soprattutto per meglio visualizzare l’anatomia dell’anca e la RMN e ARTRO-RMN per evidenziare possibili lesioni delle parti molli (labbro acetabolare) o iniziali lesioni cartilaginee.
La maggior parte dei pazienti a cui viene diagnosticato un conflitto femoro-acetabolare (FAI) è giovane e sportivo e questo lascia intuire che una mancata diagnosi tempestiva determinerebbe un’usura irreversibile dell’articolazione troppo velocemente.
Quando vi è la possibilità il principale trattamento di prevenzione dal mio punto di vista è innanzitutto fisioterapico: grazie ad innovative tecniche manuali e posturali si riesce ad allontanare il grave deterioramento cartilagineo. Ovviamente questo dovrebbe essere accompagnato da corretti comportamenti: sospensione di attività sportive traumatiche (calcio, pallavolo, basket, jogging, sport da contatto, etc) mantenendo quelle più indicate (camminate, bicicletta, nuoto, etc) , controllo del peso corporeo e della dieta.
Altre terapie conservative che io ritengo servano solo per alleviare il dolore sono: terapie fisiche (CEP, magnetoterapia, laserterapia, roetgenerapia, etc), terapie infiltrative (es. acido ialuronico), integratori per le articolazioni, antinfiammatori e antidolorifici.
Le terapie chirurgiche principali sono l’artroscopia, le osteotomie, le artroprotesi e le artrodesi (molto raramente).
In altri casi, è necessario intervenire con una protesi: per saperne di più, vai alla sezione dedicata.