Protesi d’anca: maggiore durata e minor tempo di recupero

Protesi d’anca: maggiore durata e minor tempo di recupero

L’intervento di protesi d’anca ha subìto negli ultimi anni notevoli modifiche sia dal punto di vista tecnico-chirurgico che da quello dei materiali.

In questo modo il tempo di recupero è più veloce, la durata dell’impianto è più lunga, mentre è diminuito lo stress per il paziente.

In passato l’intervento di artroprotesi d’anca era destinato a persone anziane, dai 70 agli 80 anni circa. Si interveniva in queste persone quando la patologia degenerativa artrosica a carico della articolazione coxofemorale, cioè l’artrosi dell’anca, impediva loro di camminare senza zoppia o per lunghi tratti, limitava severamente la mobilità e impediva una vita serena senza dolore.
Oggi invece i pazienti anche giovani e sportivi affrontano l’intervento di protesi d’anca per tornare a riappropriarsi della propria vita attiva senza limitazioni – spiega il dottor Pierantonio Gardelin, specialista in chirurgia ortopedica, – mentre a quelli più anziani, over80 in buona salute, grazie anche alle nuove tecniche anestesiologiche, è possibile proporre la ricostruzione dell’anca.

3 ASPETTI CHE HANNO CONTRIBUITO ALL’ENORME PROGRESSO DI QUESTO INTERVENTO

Vie d’accesso mininvasive all’articolazione dell’anca

Le vie di accesso mininvasive innovative son due, quella postero laterale modificata e quella anteriore. Ambedue permettono di arrivare all’articolazione diminuendo notevolmente l’aggressività sui tessuti molli (tendini e muscoli) riducendo il sanguinamento e il dolore post operatorio.
In questo modo inoltre si aumenta la sensibilità e la propriocettività del paziente, ovvero la sensazione di avere la propria anca, permettendo di eseguire qualsiasi movimento senza paura di lussazione della protesi. Questo aiuta a ridurre i tempi di recupero e, in poche settimane, il paziente riprende la propria vita.
Per le donne, queste due vie d’accesso permettono di avere una cicatrice molto piccola in rapporto alla struttura fisica della paziente.

Innovazione dei design protesici

Fondamentali per realizzare queste vie chirurgiche sono le innovazioni del design protesico​: steli sempre più piccoli e meno invasivi per preservare tendini e muscoli e per risparmiare più osso possibile (bone stock). Questo è fondamentale in previsione di una possibile revisione protesica, intervento che permetterebbe al chirurgo di posizionare una protesi tradizionale, come se fosse un primo intervento di protesi. Discorso a parte merita l’intervento di rivestimento dell’anca in cui la testa del femore non viene tagliata ma solo “incappucciata” da una emisfera in metallo che si articola con la coppa acetabolare, anch’essa in metallo. Questo permette di preservare al massimo l’osso femorale e di ridare al paziente la propria anca senza rischi di dismetrie. D’altra parte, la presenza della testa nel campo operatorio durante l’intervento non permette l’utilizzo di vie di accesso mininvasive.

Migliori materiali protesici

Lo studio e la realizzazione di materiali sempre più resistenti all’usura, è stato il campo in cui si son fatte le più grandi migliorie per garantire la durata degli impianti.

Dopo l’avvento della ceramica, si pensava di avere trovato la tribologia (accoppiamento testina-inserto della coppa acetabolare) più longeva, evitando il problema dell’usura del metallo e del polietilene di vecchia generazione. Si dovette però far fronte al rischio di rottura della ceramica, materiale dalla bassissima usura ma, in alcune casi, rivelatasi fragile. La novità in questo campo è arrivata dalle testine in oxinium, un materiale che unisce la resistenza del metallo con la superficie ceramizzata, in modo da unire le caratteristiche dei due materiali evitando i loro difetti e unendone i pregi. Queste si articolano dentro una coppa in polietilene reticolato di ultima generazione dalle altissime garanzie di affidabilità. La durata di questa nuova tribologia è stata accertata superiore ai 30 anni. Altre innovazioni della bio ingegneria si son avute per i materiali che sono a contatto con l’osso del paziente: una volta impiantata la protesi si ottiene così una stabilità tale da poter permettere al paziente di caricare sull’articolazione operata dal primo giorno dopo l’intervento. Questo è importante soprattutto per le persone più anziane che hanno necessità di camminare il più presto possibile.

In caso in cui il paziente sia portatore di grave coxartrosi bilaterale, si può prevedere la riprotesizzazione di ambedue le anche in un tempo solo. Infatti la riduzione della mobilità di un’anca gravemente artrosica e le problematiche posturali ad esse connesse fanno sì che, operando una articolazione soltanto, si crea uno scompenso tale che il paziente non trova beneficio fino a che non viene operato anche all’anca controlaterale. Questo tipo di intervento è possibile grazie alle tecniche mininvasive e, essendo un doppio intervento, è consigliato in pazienti in buone condizioni generali.

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